Quattro chiacchiere con Senhit: “Dopo Parigi canterò ancora più forte perchè la musica è un grido”

SENHIT IMG_0355° bBolognese di origine eritrea ha intrapreso un percorso artistico tra pop, soul, rock e elettronica attirando l’attenzione di grandi produttori americani, italiani e inglesi. Si presenta così Senhit, come “la più internazionale delle artiste italiane” perché unisce le radici africane, lo stile nostrano, una gavetta artistica sui palchi tedeschi, inglesi e americani e una vocazione musicale che strizza l’occhio alla musica d’oltreoceano.

Attualmente sta preparando il nuovo tour italiano e sta lavorando a nuovi brani con produttori di fama come Steve Daly & Jon Keep (tra i lavori recenti Christina Aguilera e Lana Del Rey) e Brian Higgins (Kaiser Chief, Kylie Minogue, Pet Shop Boys).

Noi di CheMusica.it abbiamo così deciso di fare quattro chiacchiere con lei, per tuffarci nel suo mondo fatto di musica e magia!

D: Partiamo dagli esordi. Quando hai capito che la tua vita sarebbe stata dedicata alla musica? C’è un momento particolare della tua infanzia in cui lo hai capito?

Avevo 14 anni andavao al mare con i miei genitori quando un giorno una mia amica mi ha detto che facevano le audizioni per il karaoke di Fiorello, non sapevo ci fossero le audizioni allora ho deciso di provare. Eravamo a Imola per le selezioni della data di Ravenna e ho cantato “Ragazzo Fortunato” di Jovanotti. A metà canzone mi hanno interrotto dicendo £Sei un ragazzo fortunato” e io mi sono anche arrabbiata dicendo che ero una ragazza!”. Da lì ho fatto la mia prima esperienza, ho vinto la puntata e ho capito che potevo cantare. I miei però mi hanno tenuto con i piedi per terra e mi hanno fatto finire la scuola, ma dopo mi sono dedicata alla musica e ho trasformato l’hobby in lavoro.

D: Le collaborazioni con grandi nomi sul panorama musicali si sprecano nella tua carriera, c’è una persona con cui hai lavorato che ti ha stimolato maggiormente e che ti ha in qualche modo cambiato?

Sono stata sempre molto lusingata, privilegiata, fortunata, dal fatto di aver incontrato tante persone di grande successo che mi hanno aiutato in tutta la mia vita e carriera. Citarne uno solo è riduttivo e offensivo nei confronti di tutti. Certo, Massimo Ranieri è stato il primo che mi ha preso come pigmalione da lì ho lavorato sempre con tantissime produzioni e persone importanti. La disciplina che poteva racchiudere tutto quello che volevo fare è stato il teatro e il musical e da lì ho cominciato quando avevo solo 19 anni.  Io sono una spugna, osservo la gente, cerco di capire, ascolto. Vivo con le orecchie tese, così quando ho incontrato la Panini che mi ha proposto questo contratto è stato un’avventura per entrambi, non ero più Nala del Re Leone ero Senhit sul palco e loro erano in viaggio con un progetto nuovo!

D: Ti sei lanciata in questo progetto da solista e a breve inizierà il tour. Cosa ci puoi dire a riguardo?

In questo progetto ho un team che è un Ferrari che mi accompagna! A cominciare dai musicisti, con loro ci siamo testati questa estate con delle piccole esibizioni. Set intimo, minimale vicino al pubblico ma abbiamo una carica che sembriamo gli U2, abbiamo un repertorio ricco, energico, ma che fa anche pensare. Giovedì 19 abbiamo una data a Lissone, poi iniziamo a tutti gli effetti e siamo in tutte le città italiane! Sono eccitatissima perchè questa estate siamo andati bene, mi sono accorta che il mio elemento è proprio il palcoscenico, sono a casa quando ho il pubblico davanti con cui mi diverto e c’è uno scambio di energia pazzesco! E’ un’esperienza meravigliosa, è la comunicazione che mi viene più facile.

D: Come mai hai scelto di cantare in inglese?

Questo è il secondo album in inglese e dopo i primi tentativi in italiano ho deciso di provare a comunicare con questa lingua. È a portata di tutti, è più fruibile, ma serve anche per raggiungere un pubblico diverso. L’internazionale mi ha sempre ingolosito e poter cantare una canzone che può essere apprezzata ovunque, mi piace molto e quindi ho pensato che fosse la strada giusta, l’inglese è più raggiungibile. In ogni caso anche  cantare in italiano piace tantissimo.

D: C’è un artista che ti ha influenzato?

Io sono una vecchia dentro come gusti, sono molto eclettica quindi ascolto tanta musica dal funky, al blues come Stevie Wonder, ma anche gli Skunk Anansie e Pink! Non c’è un artista che mi rappresenta in particolare, mi piace assaporare un po’ da tutte le parti.

D: Tema estremamente attuale. Dopo la strage al Bataclan molti artisti internazionali come gli U2 o i Foo Fighters hanno deciso di cancellare i concerti, altri invece hanno deciso di suonare lo stesso, anche più forte per esorcizzare la paura. Questo colpo al cuore della civiltà e della musica che riflessioni ti ha portato a fare?

La notizia l’ho appresa venerdì sera mentre finivo le prove del tour e ci sono rimasta molto male. Quando abbiamo visto le notizie sui cellulari mi è salita l’angoscia, sono cose già successe ma lontane da noi e quindi ci hanno toccato meno. Quella sera invece era accaduto tutto a meno di un’ora di aereo da noi. Dietro casa. Così ho provato ad ascoltarmi e mi sono detta che avrei cantanto ancora più forte. Rispetto i Foo Fighters o gli U2, ma credo che la musica debba essere un grido e soprattutto attraverso questa arte non bisogna fermarsi se no è fare il loro gioco. Dobbiamo reagire e se io posso dare del mio, comunicare anche un senso di libertà, io non mi fermo e vado avanti come un treno. Questo tour infatti vuole anche essere un messaggio di forza, non ci dobbiamo abbatterci e dobbiamo crederci insieme, ci uniamo ancora di più.