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Simone Scafidi a CheMusica: “… E tu vivrai nel terrore l’Aldilà”

Esce oggi …E tu vivrai nel terrore l’aldilà! di Simone Scafidi per Santelli editore con prefazione di Matteo Fantozzi. L’abbiamo intervistato in merito.

Nel cinema di Lucio Fulci sono molto importanti le colonne sonore. Cosa ne pensa?

Fulci era un grande conoscitore di musica e, da abile uomo di cinema, sapeva come una colonna sonora possa aiutare le immagini ad accrescere la loro forza. Ha lavorato con grandi autori, da Ennio Morricone a Riz Ortolani, ma la sua collaborazione con Fabio Frizzi è quella più nota e proficua. Forse perché Frizzi ha raggiunto il suo apice proprio con Fulci, nonostante abbia scritto, con Bixio e Tempera, le colonne sonore di film più famosi come Fantozzi o Febbre da cavallo. Credo che Frizzi abbia fatto con quelle colonne sonore lo stesso che Fulci ha fatto con le immagini dei film: è stato oltranzista. Ha osato, ha rischiato, ha creato un sound unico.

Ci racconti la colonna sonora di L’aldilà?

Userei un esempio, cioè i titoli di testa, sul libro che prende fuoco tra le mani del personaggio di Emily. Lì c’è un brano, Voci dal nulla, che è diventato nel corso degli anni estremamente famoso e ammirato. C’è un coro che, nell’idea iniziale di Frizzi, doveva solo fare vocalizzi. Ma il direttore d’orchestra Giacomo Dell’Orso, ebbe un’idea, ovvero usare il Dies Irae di Tommaso da Celano, che in qualche modo, parlava appunto dell’aldilà. Vennero identificate delle frasi e i coristi le cantarono. “Cum resurget creatura” e “quantus tremor est futurus” sono perfettamente in tono col film, con le voci dall’aldilà. Ecco, questi elementi danno un suono oltre il tempo alle immagini, ne hanno la stessa eleganza e la stessa funerea incombenza. Si tratta di una colonna sonora in cui antico e moderno si uniscono, dissonanze e melodie più dolci si sposano tra di loro. Come le morti violente e la poesia della vita attraverso le immagini di Fulci.

Quanto può essere importante la musica in un film horror?

Tanto, direi sia ovvio. Nella sua presenza, ma anche nella sua assenza. Ma la sua forza è strettamente connessa all’uso dei rumori, alla paura che i suoni possono creare. Penso, in L’aldilà, al momento in cui Liza e John lasciano l’hotel e l’inquadratura indugia sull’edificio, sulle silhouette dei morti che appaiono dalle finestre. Ecco, lì si odono le voci di questi morti, con parole piene di ‘esse’ che fanno accapponare la pelle allo spettatore. Saper dare voce all’ignoto, all’orrore è altrettanto importante di un’ottima colonna sonora.

Matteo Fantoli

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