ESCLUSIVA Intervista a Endi | “C’è una cosa che mi rende orgoglioso…”

Abbiamo fatto una lunga chiacchierata con il rapper milanese Endi, che ci ha parlato del suo nuovo singolo e dei progetti per il futuro.

Endi
Endi (Instagram)

Endi è il nome d’arte di Enrico Petillo, un talentuoso rapper e scrittore italiano che negli ultimi anni si sta mettendo in evidenza come una delle realtà emergenti più interessanti del nostro panorama. Tra passato, presente e futuro, ecco tutto quello che dovete sapere sulla sua musica e non solo.

Ciao Endi, partiamo dal principio. Com’è iniziata la tua avventura nella musica?

Tutto è cominciato da bambino, quando frequentavo una scuola d’arte. Mi interessavo di disegno e graffiti, così mi sono automaticamente avvicinato alla cultura hip-hop. Il mio carattere era molto chiuso ed introverso, il rap però mi ha aiutato a tirar fuori quello che avevo dentro.

Quali artisti ti hanno maggiormente influenzato?

Sicuramente la scena italiana degli anni Novanta, come Sottotono, J-Ax e gli Articolo 31, ma anche gli americani Eminem e The Game: sono stati loro i primissimi modelli di riferimento per comporre. Apprezzo molto anche i grandi cantautori del passato, come Giorgio Gaber, Rino Gaetano, Guccini, Venditti, De Gregori, Luigi Tenco, Fabrizio De André e chiunque altro abbia davvero qualcosa da dire attraverso le parole. A volte mi capita persino di leggere i loro testi senza nemmeno ascoltare le canzoni. Per il resto dipende dallo stato d’animo, attualmente ad esempio sto riscoprendo Elton John.

Lo scorso anno hai pubblicato il libro “Qualcosa Cambierà”. Quali differenze comunicative hai riscontrato tra musica e scrittura? 

Sono due cose completamente diverse. A “Qualcosa Cambierà” ci sono arrivato gradualmente tramite una continua ricerca di nuove forme di espressione. La vita impone un’evoluzione, così tra lo scrivere canzoni ed un libro il passaggio è stato una prosecuzione logica e del tutto naturale. A volte la musica ti costringe entro certi schemi precostituiti per ragioni legate a ritmo, metrica ed arrangiamenti, mentre in un romanzo sei più libero di creare una storia e fare interagire tra loro i personaggi. Personalmente però non ho preferenze, purché all’interno dell’opera avvenga una crescita, sonora o letteraria che sia.

Lo scorso 6 dicembre è uscito il singolo “Canzone Libera”, che anticipa il tuo nuovo album previsto per i primi mesi del 2022. Di che si tratta?

E’ un brano che avevo nel cassetto già da un po’ di tempo, una sorta di filastrocca semplice e diretta che ironizza su alcuni aspetti stressanti del nostro vivere quotidiano come pagare le bollette o le tasse, la fila allo sportello, il traffico, l’aumento della benzina, i social network e tante altre piccole situazioni che creano ansia e disagio. L’album affronterà diverse tematiche e giunge a coronamento di una serie di brani cui sto continuando a lavorare: purtroppo non è un periodo storico affatto facile per pubblicare dischi e  organizzare concerti, speriamo bene.

Endi
Endi a Madrid (Instagram)

C’è una città in cui ti piacerebbe abitare per esprimerti al meglio?

Sono nato a Milano ma vivo praticamente da sempre a Peschiera Del Garda, in provincia di Verona. In passato ho provato a tornare nel capoluogo lombardo, ma è davvero troppo incasinato e caotico, non fa per me, qui sul lago riesco invece a trovare la mia intimità. Mi attirano però l’Olanda e la Finlandia per la natura e i paesaggi, amo girare a piedi, pensare, riflettere e isolarmi, potrebbero essere l’habitat ideale.

Quale canzone avresti voluto scrivere?

“A Mano A Mano” di Rino Gaetano e “Amoreunicoamore” di Mina.

Se potessi tornare indietro, c’è qualcuno dei tuoi lavori che non rifaresti?

Sicuramente “Pisciati Addosso”, un web-album del 2011. In quel periodo ero poco lucido e troppo nervoso, il testo è pieno di parolacce e volgarità che onestamente non fanno parte della mia indole. Non dico che lo rinnego, purtroppo però all’epoca ero ancora molto giovane e quando cerchi per forza di star dietro alle mode spesso vengono fuori risultati confusionari, frettolosi e approssimativi. Insomma, non lo sento “mio” e non mi rispecchia, a differenza del mio primo disco “Il Canto Del Diavolo” di cui invece vado molto fiero ed orgoglioso, lì si sente esattamente la mia vera identità. Anche gli errori però servono a migliorarsi e capire sin dove puoi arrivare.