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Ligabue e Gianna Nannini, carriera a serio rischio

Gianna Nannini e Ligabue non hanno usato mezze parole: non c’è altro tempo da perdere altrimenti non ci può essere un futuro.

Getty images

Due dei rappresentanti in assoluto più amati della nostra musica, Ligabue e Gianna Nannini, hanno voluto parlare chiaro e senza mezzi termini. In rete ne stanno discutendo in tantissimi, dato che il futuro è a forte rischio. La cantautrice senese aveva pubblicato il suo ultimo album intitolato “La Differenza” nel 2019, mentre il rocker emiliano ha dato alle stampe “7” nel corso del 2020.

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Oggi son tornati a far notizia, ma sono solo due tra i nomi di maggior rilievo di una lunghissima serie di artisti che ha deciso di ribellarsi. Con loro ci sono il rapper Frankie Hi-NRG, Paolo Fresu, Mario Biondi, Irene Grandi, Fabio Concato, Morgan e Fargetta. Una vera e propri rivolta di classe, che serve se non altro a smuovere le coscienze nei confronti di un problema di vecchissima data e mai veramente risolto.

Ligabue, Gianna Nannini e molti altri artisti uniti in rivolta: ci sarà ancor un futuro per la musica?

Gianna Nannini non è l’unica firmataria dell’appello (Getty images)

Gianna Nanninini, Ligabue e numerosissimi altri volti noti si sono rivolti ai politici firmando uno storico documento, col quale sperano che i loro diritti vengano riconosciuti. Il tema affrontato non è nuovo, e riguarda i compensi dovuti agli artisti dalle piattaforme di streaming musicale, per colpa delle quali il prosieguo delle loro carriere non appare più così roseo. Nell’appello firmato si legge senza mezzi termini: “Senza diritti streaming è a rischio il futuro ed il lavoro di tutti gli artisti. La politica non può girarci le spalle“.

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La mobilitazione degli artisti nasce dal fatto che queste piattaforme on-demand si stanno sviluppando in maniera esponenziale, e sono la causa maggiore del crollo del mercato discografico. Attualmente un cantante guadagna poco e nulla dalla divulgazione delle proprie opere tramite streaming, circa lo 0,46% totale di ciò che invece intascano ad esempio Spotify o Apple Music. Siamo all’inizio di una vera battaglia, di certo ne sentiremo ancora parlare a lungo.

Giuseppe D'Amato

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