Girovagando nelle nuove uscite che questo diabolico programmino di Spotify mi suggerisce ogni giorno, avevo sentito, ormai almeno un mese fa “Do it, Try it” degli M83 e immediatamente ero finita in un film anni ’90 che parla di disagio giovanile, droghe e amori non corrisposti.
Non so perchè, non c’è un motivo specifico, forse sono i suoni dei synth o questa elettronica a tratti vetusta a tratti sorprendente. Fatto sta che questa canzone mi aveva messo addosso un senso di disagio morboso che volevo riprovare ancora e ancora e ancora. Così, quando è uscito il loro nuovo album, mi sono messa comoda sul divano ad ascoltarlo, pronta per soffrire e sono stata più che soddisfatta.
“Junk” è composto da 15 canzoni che, se vogliamo per un attimo fare i professori, sono un mix assurdo di dream pop, new wave e, secondo me, una overdose di synthpop che prova a prendere il posto dello shoegaze cui Anthony Gonzalez ci aveva abituato e da cui, adesso si vuole assolutamente staccare.
I puristi degli M83 dicono che questo nuovo disco è scadente, eccenzion fatta per “Go!”. Io che non sono Lester Bangs, ma musica ne sento tutti i giorni devo dire che questo disco ha qualcosa di conturbante e malefico perchè più lo senti e dici “No, non mi piace“, più ti viene voglia di rimettere su “Bibi the Dog” e muoverti lentamente, ballando, come sotto effetto dei migliori allucinogeni che si potevano trovare a Woodstock.
Ok, le sonorità sono dance e, lo hanno già detto tutti, richiamano il mondo dei cartoni animati anni ’80. Tutto vero, eppure questi riverberi così old school si fanno amare e portano veramente alla Galassia Girandola del Sud da cui M83 prende il nome.
Insomma, “Junk”, già dal nome ve lo annuncia, è un disco bizzarro che non definirei spazzatura, ma magari è molto simile al junk food. Quel cibo buonissimo che però sai che ti farà male, ecco, il nuovo disco di M83 è esattamente così.